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di Liana Milella

 

La Repubblica, 17 febbraio 2022

 

Parla il procuratore di Perugia, ex capo Anac: “Mi auguro che i cittadini, se adeguatamente informati, non intendano tornare indietro su una norma di civiltà”. “Se fosse cancellato il decreto Severino sull’incandidabilità e decadenza dei condannati, le conseguenze sarebbero gravissime perché potremmo trovarci di fronte a persone riconosciute colpevoli di reati di mafia che potrebbe restare tranquillamente ai loro posti nelle istituzioni”. È massimo l’allarme del procuratore di Perugia Raffaele Cantone che, dieci anni fa, fu tra i consulenti del governo per la stesura della legge Severino. Il magistrato non nasconde tutta la sua preoccupazione, pur riconoscendo la piena liceità del referendum.

Per un caso, giusto quest’anno cade il decennale della legge Severino del 2012, ma qui Cantone ferma subito il discorso: “Un momento. Chiariamoci bene. Premesso che il referendum dev’essere celebrato e che io non mi fascerei la testa prima del voto dei cittadini perché sono convinto che, se bene informati, potranno esprimersi in modo giusto, voglio chiarire innanzitutto che questo quesito riguarda solo una piccola parte, seppur molto importante, della legge anticorruzione, e cioè quella contenuta nel decreto sull’incandidabilità. Ma tutte le altre norme sulla corruzione non vengono toccate”.

Sì, gli chiediamo, ma non le pare che voler cancellare proprio le regole sull’impossibilità di candidarsi per chi ha una condanna sia grave? “È un segnale oggettivamente pericoloso - replica Cantone - soprattutto perché nessuno spiega con chiarezza quali sarebbero gli effetti deleteri che si produrrebbero con la vittoria del sì. Con l’abrogazione del decreto verrebbe meno una serie di norme adottate anche durante le stragi mafiose. Come quella di far decadere personaggi condannati per 416bis sia pure in primo grado”. Secondo Cantone “rischieremmo di tornare indietro di molti anni”.

Da ex pm che a Napoli ha indagato sul clan dei Casalesi e che, da ex presidente dell’Anac, ha lottato contro la corruzione per sei anni, Cantone è in allarme: “È passata l’idea che il decreto Severino mandi a casa solo i sindaci condannati in primo grado per abuso d’ufficio, magari poi assolti in Appello. E quindi il referendum è stato pubblicizzato come lo strumento per evitare danni agli amministratori condannati per fatti di lieve entità. Invece, se il decreto viene cancellato, ci saranno conseguenze gravissime per chi ha subito condanne come quelle di mafia”.

Cantone ha contribuito a scrivere il decreto, e sa di cosa parla: “La legge Severino è un testo unico e quindi mette assieme tutte le norme sulla non candidabilità previste negli anni precedenti, anche le leggi antimafia. Quindi, se cade la Severino, cadono anche quelle norme”.

Il referendum andava ammesso? Cantone si limita a dire che “siamo di fronte al classico quesito abrogativo, e quindi tecnicamente la decisione è ineccepibile perché cancella tutta la legge”. Ma, insiste, “vedo conseguenze gravissime e devastanti, e mi auguro che nel dibattito che ci sarà prima del voto si spieghi con chiarezza quali saranno gli effetti”. E quali prevede? “Rivedremmo soggetti condannati per mafia e per corruzione che potranno svolgere funzioni pubbliche, come il presidente di una Regione. Una decadenza da senatore come quella di Silvio Berlusconi non sarà più possibile. Non solo. C’è di più. Tutti i condannati definitivi per i quali non è stata prevista anche l’interdizione dai pubblici uffici potranno candidarsi ed essere eletti, anche per reati gravi, come l’evasione fiscale”.

E con la Severino questo non era possibile? “Certo che no, quel decreto li bloccava tutti, se sarà cancellato avranno via libera”. Cantone conclude con un’amara considerazione: “L’articolo 54 della Costituzione parla di dignità e onore per chi riveste cariche pubbliche, ma senza la Severino quelle parole non avranno più senso.

Mi auguro solo che i cittadini, se adeguatamente informati, non intendano tornare indietro su una norma di civiltà”.