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di Ezio Menzione

Il Dubbio, 2 marzo 2022

“La Corte costituzionale ha il dovere di spiegare le sue decisioni”. Questo ha detto il presidente Amato in esordio della sua ben nota e discussa conferenza stampa sulle ultime sentenze della Corte. Facile sarebbe dire che, innanzitutto, la Corte ha il dovere di spiegare le sue decisioni con una motivazione adeguata e celere, cosa che non sempre avviene. Poi si discute della natura dell’esternazione del presidente Amato.

Certo, può anche essere esercizio di democrazia, ma in quale cornice si iscrive? Essa si iscrive in un sistema in cui non si sa nemmeno chi fosse favorevole e chi no: in tema di democrazia sarebbe il minimo; poi, un sistema in cui a chi è di parere contrario non è dato stilare una opinione dissenziente, il che sarebbe un ulteriore passo avanti. Se esponenti di altri sistemi democratici strabuzzano gli occhi (ma non è sempre così) quando gli si dice che in Italia i magistrati dovrebbero astenersi dal commentare le proprie decisioni, è perché danno per presupposto ciò che in Italia non è, vale a dire che sia nota e motivata l’opinione dissenziente, almeno nei livelli altissimi delle corti supreme. Anche perché lì i componenti della Corte sono di nomina schiettamente politica.

Anche il presidente emerito Coraggio (sul supplemento del Dubbio dell’ultimo lunedì) spalleggia la mossa di Amato sia rivendicando la politicità (sia pure indiretta e consequenziale) dell’attività della Consulta; sia richiamando recenti aperture della Corte verso il mondo civile (i viaggi nelle scuole e nelle carceri, giustamente ben coperti dai media); sia, soprattutto, rilevando come le decisioni della Corte siano da un lato “di ultima istanza” e dunque immodificabili, dall’altro quanto esse vadano a incidere nella vita di tutti, al contrario delle sentenze del giudice ordinario, che riguardano solo i soggetti coinvolti: e fino ad un certo punto è proprio così. Quest’ultimo argomento sembra forte, ma, come si suol dire, “prova troppo”. Infatti, più si constata l’ampiezza e l’incisività delle pronunce di costituzionalità, e più esse devono inserirsi in un dibattito “alto”, invece di essere lasciate alle conferenze stampa recepite sull’onda politico/ emotiva o alle comparsate da Floris. Soprattutto, esse hanno bisogno di trasparenza reale. Insisto: come si è formata la decisione? C’erano dissenzienti? Chi erano? Che argomenti hanno portato? Possiamo leggerli?

La pur autorevole esternazione di Amato è stata una difesa politica di una decisione politica. E bene ha fatto il corrispondente Rai a interromperla per un poco, per mandare in onda anche l’opinione politica contraria di Cappato: mi sembra il minimo di un democratico dibattito. Certo quel che ha detto Amato non è stato memorabile, se non per la sua discutibilità. Forse Amato, che credo non esca dalle schiere dell’Azione cattolica, ha avvertito il bisogno di giustificare la decisione sul fine vita in via preventiva, e ciò è comprensibile. Ma appunto ne ha dato una giustificazione politica, senza neppure dirci quali fossero gli schieramenti interni alla Corte sul punto. Operazione astuta, da Dottor Sottile, volta anche a prevenire ciò che sarebbe successo il giorno dopo con altre due decisioni negatorie: il non far decidere gli italiani sui tre referendum che avrebbero maggiormente scosso gli animi, animato il dibattito e riscosso i maggiori consensi, trainando così anche quelli più tecnici e meno interessanti per l’opinione pubblica. Operazione che più politica è difficile immaginare.

Ma i miei timori si incentrano soprattutto su un punto: se è dato al presidente della Corte costituzionale giustificare in via preventiva le decisioni, perché non dovrebbe esserlo per ogni altro giudice? Avremmo così assoluzioni o condanne che non si giustificano con ben formulate motivazioni, bensì con conferenze stampa a tambur battente che invocano questa o quella scelta politica. La critica alle sentenze, esercizio fondamentale per la democrazia, diventerà così critica alle conferenze stampa. Con una non lodevole deriva della giustizia verso i talk show.