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di Viviana Lanza

 

Il Riformista, 18 febbraio 2022

 

Da sabato scorso Davide G., 32 anni, calabrese e una condanna a dieci anni da scontare, è in sciopero della fame nel carcere di Secondigliano. Una protesta, la sua, disperata considerate le condizioni di salute in cui versa: perde peso vistosamente per problemi intestinali che appaiono sempre più gravi al punto da spingere la direzione del carcere a sottoporlo a un esame istologico in ospedale. Il problema è che l’esito di questo esame non arriva, ormai l’attesa sfiora i due mesi e Davide continua a stare male.

“Non è tollerabile che si debba attendere tanto per ottenere l’esito degli esami istologici - afferma l’avvocato Raffaele Minieri, difensore del detenuto -. Di fatto in questo modo ci viene preclusa la stessa possibilità di avanzare richieste per tutelare al meglio il diritto alla salute del detenuto. Con la famiglia stiamo valutando anche di adire le giurisdizioni sovranazionali, perché non possiamo permettere una tale plateale violazione dei diritti umani.

Troppi sono i detenuti che muoiono aspettando cure da Stato civile. Non permetteremo che questa storia sia uguale alle altre e, se è necessario, chiederemo che l’Italia venga sanzionata dalla Cedu”. In questo caso l’Europa si troverebbe ancora una volta ad occuparsi di questioni legate ai metodi e ai tempi con i quali in carcere sono valutati diritti fondamentali come quello alla salute, questioni per le quali il nostro Paese è stato già più volte sanzionato.

“Il detenuto ha iniziato lo sciopero della fame perché vuole conoscere quali sono le sue effettive condizioni di salute - spiega Pietro Ioia, garante cittadino dei detenuti -. La disperazione in cui si trova lo ha portato a una protesta che può essere tragica considerate le sue condizioni. Il carcere si è attivato tempestivamente e più volte per sollecitare l’acquisizione del referto, ma così viene impedito anche ai medici della struttura di poter avviare le cure e i protocolli necessari per evitare conseguenze gravissime. Il detenuto vuole solo essere curato, il carcere vorrebbe farlo, ma di fatto non si riesce. Il problema della sanità in carcere - conclude Ioia - è sempre più allarmante e paradossale”.