di Alessandro Parrotta*
Il Dubbio, 2 marzo 2022
Grande attenzione, nei giorni scorsi, è stata riservata ai quesiti referendari e alla loro ammissibilità. Ha suscitato reazioni, in particolare, la notizia della bocciatura del quesito sull’eutanasia legale, battaglia sociale da lungo dibattuta, in particolare dai Radicali con principale esponente l’Onorevole Marco Cappato; così è stato anche per quello sulla depenalizzazione della coltivazione di cannabis.
Referendum, i due succitati, che dunque non si terranno. Si terranno invece quelli relativi all’abrogazione di talune disposizioni della legge Severino, sulla limitazione del ricorso alla custodia cautelare in carcere, sulla separazione delle carriere dei magistrati, sulle modalità di elezione del Csm e, infine, sull’introduzione del diritto di voto, nei Consigli giudiziari, per i “laici”, gli avvocati e i professori, tema sul quale lo scrivente si è espresso - favorevolmente- in ogni sede, anche su queste pagine.
Ad onor del vero, su tutti questi, chi scrive, ha già avuto modo di esprimere le proprie opinioni in passato, effettuando un’approfondita valutazione, giungendo a differenti conclusioni. Ora è doveroso un quadro d’insieme. Relativamente alla legge Severino, forti dubbi erano stati espressi in ordine ad una sua abrogazione, dal momento che questa appariva costituzionalmente orientata e, ancora più rilevante, pragmaticamente efficiente.
Non si ritiene infatti necessario andare ad eliminare il cosiddetto automatismo di incandidabilità ed ineleggibilità e decadenza per i rappresentanti di governo, parlamentari, sindaci e amministratori comunali. Quanto su detto, contrariamente a quanto diffuso nel dibattito pubblico, dispiegherebbe gravose conseguenze per il rappresentante della res publica solo in relazione a condanne (seppur provvisorie come ovvio per il procedimento penale laddove il giudicato di una sentenza non divenga definitivo) di una certa gravità.
A ciò si aggiunga che è fisiologico, seppur non necessariamente corretto, sia chiaro, che il soggetto venga sottoposto a misure cautelari: è ontologicamente connesso alla modulazione attuale del sistema giudiziario. Partendo da tale assunto non si comprende perché risulti tanto necessario eliminare un automatismo che pare giustificato da motivi di rilevanza costituzionale, come il buon andamento dell’Amministrazione Pubblica, un automatismo che trova applicazione solo qualora ricorrano particolari e tassative circostanze.
Doverosa, invece, la limitazione del ricorso alla misura cautelare carceraria preventiva. Da troppo tempo, infatti, si assiste inermi ad un abuso di tale strumento, quasi a dimenticare che tale misura rappresenta l’extrema ratio del nostro sistema. È bene ricordare, in tal frangente, che il fine ultimo della pena va letto in ottica rieducativa; spesso il carcere ha effetti opposti all’obiettivo costituzionalmente perseguito. A ciò si aggiunga che molti sono poi gli imputati/ indagati carcerati preventivamente che poi risultano innocenti, assolti con formule piene.
Parimenti doverosa la separazione delle carriere, nel pieno e concreto perseguimento di quell’imparzialità di cui la magistratura deve sempre godere, soprattutto agli occhi e nell’interesse del popolo, per il quale la giustizia è amministrata. Si auspica che il passaggio del quesito referendario in commento possa, finalmente, restituire quella terzietà auspicata da ogni fronte.
Pur non potendo apprezzare in concreto i pratici risvolti che avrà l’eventuale passaggio di tale quesito, si ritiene positiva anche l’eliminazione della raccolta firme per candidarsi nell’organo di governo autonomo della magistratura. Si auspica, infatti, che si possa porre fine o, quanto meno, limitare quella prassi secondo cui la presentazione delle firme diveniva una mera formalità, che non risultava in alcun modo funzionale a diversificare i candidati alle elezioni dei componenti del Csm.
Infine, assai apprezzata è la previsione di inserire i cosiddetti “laici” nei Consigli giudiziari anche quando le discussioni, e le deliberazioni, vertono sulla valutazione dei magistrati. Al pari del precedente quesito la previsione si inserisce nel più ampio progetto di riforma dell’intero ordine della magistratura, soprattutto al fine di dare un segnale alla società civile, sì che il sistema giudiziario possa riacquisire quella credibilità tristemente minata dai noti fatti di cronaca. Assieme ai nuovi criteri di valutazione dei magistrati che intendono assumere la veste di componente delle Corti superiori, lo scrivente auspica che tali misure possano eliminare parte di quell’autoreferenzialità che nel corso dei passati decenni ha condotto ora ad una deresponsabilizzazione, conducendo il vertice da un Sistema di governo ad un Governo di sistema!
Sarà interessante annotare quelli che saranno i successivi sviluppi e, ancor di più, vedere quali risvolti tali modifiche avranno in concreto. Allo stato dell’arte tutto milita per un positivo cambiamento, ormai doveroso e non oltre rinviabile, fortemente voluto dalla guardasigilli.
*Avvocato, Direttore Ispeg