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di Alessio Scandurra*

 

Il Riformista, 26 febbraio 2022

 

La commissione Giustizia ha approvato il testo base. Una notizia importante che ribadisce il valore dell’articolo 27 della Carta. Purtroppo la lettura della norma non è per nulla rassicurante.

Mercoledì la commissione Giustizia della Camera dei Deputati ha approvato un testo base di riforma dell’ergastolo ostativo. È una notizia importante, riguarda diverse centinaia di persone e investe uno dei principi fondamentali del nostro sistema penale, quello della finalità rieducativa della pena. Ma è una notizia che ha bisogno di qualche premessa.

Gli ergastolani in regime ostativo sono oggi circa il 70% del totale dei condannati alla pena perpetua, si tratta perciò di oltre 1.250 detenuti che non hanno alcuna possibilità di reintegrazione sociale, come invece prescrive l’art. 27 della Costituzione, a meno che non collaborino con la giustizia. E questo non è un fatto da poco. La finalità rieducativa della pena sancita dall’art. 27 non significa che “sarebbe opportuno” che la pena rieducasse.

Significa che una pena che non ha contenuto rieducativo è costituzionalmente illegittima e vanno cambiate le norme che la regolano. La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva già condannato per questo il nostro paese nel 2019, nel caso Viola contro Italia, per violazione dell’art. 3 della Convenzione, che vieta i trattamenti inumani e degradanti. L’ergastolo ostativo, per come è disciplinato nel nostro ordinamento, configurerebbe appunto trattamento inumano e degradante. Ed il cambiamento delle norme che lo disciplinano è esattamente questo che la Corte Costituzionale ha disposto con l’ordinanza 97 del 2021, dando al Parlamento italiano un anno per adottare le necessarie modifiche.

La collaborazione può avere conseguenze terribili su chi collabora o sui suoi familiari. Questo non significa che questa non vada perseguita o incentivata, ma significa che negare a priori i benefici a chi non collabora, anche quando sarebbe comunque opportuno che l’esecuzione della sua pena continui con modalità in parte diverse, significa negare a priori quella finalità rieducativa anche nei casi in cui il magistrato competente comunque la ravviserebbe. Non significa che chi non collabora debba uscire, ma che anche per lui possa valere l’art. 27.

Come detto dunque la novità è importante. Purtroppo la lettura di questo nuovo testo non è però rassicurante. Il testo sembra pensato più per garantire un buon margine di ostatività per alcune condanne piuttosto che per adempiere a quanto deciso dalla Cedu e dalla Corte costituzionale. A restringere l’accesso ai benefici più che ad allargarlo. Anzitutto, e chiaramente in controtendenza con quanto chiesto dalle Corti, non sarebbe più possibile la concessione dei benefici nei casi in cui sia accertata una “limitata partecipazione al fatto criminoso”, ovvero “l’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità”, nonché quando “la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante”.

Viene inoltre alzato il limite di pena da scontare prima di poter essere ammessi alla liberazione condizionale, da 26 a 30 anni, oltretutto senza che sia stata prevista alcuna disciplina transitoria.

Queste norme avrebbero dunque l’effetto di rendere più difficile di prima l’accesso ad alcuni benefici. Quanto poi all’accertamento dell’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, in assenza di collaborazione il meccanismo è estremamente farraginoso ed è tutto da dimostrare che possa davvero dare esito a valutazioni positive.

Il rischio di una norma simile è che, sparita la collaborazione impossibile, diventi impossibile la dimostrazione dell’assenza di collegamenti con la criminalità, e dunque che si finisca per continuare a concedere i benefici solo a chi collabora. Non resta che sperare che le norme più problematiche del testo varato dalla Commissione vengano corrette nei passaggi parlamentari successivi, consentendo in questo modo di dare piena attuazione alle pronunce delle Corti e ridisegnare l’ergastolo ostativo in maniera pienamente conforme art. 27 della Costituzione.

*Associazione Antigone