di Massimo Coppero
La Stampa, 3 marzo 2022
Sono cinque i referendum sulla giustizia promossi da Lega e Radicali e sostenuti da uno schieramento trasversale, da Forza Italia ad Italia Viva fino ad alcuni esponenti garantisti di sinistra. La scelta dell’avvocato Aldo Mirate, ex parlamentare Pci e principe dei penalisti astigiani, è un po’ a sorpresa. “Voterò quattro sì e mi asterrò su uno dei quesiti, quello sulla separazione delle funzioni”.
Avvocato, lei va sulle posizioni della Lega…
“Faccio una premessa: le riforme della giustizia non si possono fare con i I referendum, che hanno solo una funzione di stimolo. Però poi in concreto riconosco che la Lega, dopo decenni di giustizialismo con il cappio agitato in Parlamento e la pretesa di mettere tutti in carcere, ha cambiato idea divenendo ragionevole e spostandosi su valutazioni più simili alle mie. E quindi non ho problemi a votare “sì” ad una consultazione popolare promossa anche dal partito di Salvini”.
Tra i quesiti sui quali si chiede ai cittadini di pronunciarsi ve ne è uno che limita fortemente la custodia cautelare…
“Lo ritengo corretto. Vi è un eccesso di carcerazione preventiva, con troppi imputati detenuti in attesa di giudizio. Il pericolo di reiterazione del reato che viene posto alla base delle misure cautelari è troppo generico, quindi è necessario rivedere i presupposti”.
E sulla legge Severino…?
“Fui contrario alla sua approvazione, dieci anni fa. Molti sindaci e amministratori pubblici sono stati sospesi dall’incarico a causa di questa legge dopo una condanna di primo grado, poi cancellata in Appello. La presunzione di non colpevolezza deve valere sempre”.
Due dei referendum riguardano direttamente le carriere della magistratura: valutazione nei Consigli giudiziari ed elezione del Csm. I promotori ritengono di riuscire a ridimensionare il potere delle correnti…
“Sono d’accordo con l’ipotesi che nei Consigli giudiziari distrettuali anche gli avvocati possano esprimersi sulla valutazione dei magistrati e non limitarsi a fare gli spettatori. E anche sul tema, molto tecnico, della raccolta delle firme per le candidature al Csm ritengo positiva la proposta referendaria. Tutto ciò che limita il potere delle correnti è benvenuto, con la sola esclusione del sorteggio per il Csm che mi avrebbe trovato nettamente contrario”.
Un altro quesito chiede di rafforzare la separazione delle funzioni tra pm e giudice, con la quasi impossibilità di transitare da un ruolo all’altro…
“Su questa scheda mi asterrò, non barrerò sì o no. Da un lato mi rendo conto delle ragioni di molti miei colleghi avvocati, che notano una mancanza di autonomia del giudice rispetto al pubblico ministero, e quindi chiedono una barriera più rigida al cambio di funzione. Dall’altra però temo la trasformazione della figura del pubblico ministero in quella di un commissario di polizia, sottoposto alle pressioni delle forze dell’ordine e in definitiva del governo e della politica, vanificando l’autonomia di cui ora gode il pm nel nostro ordinamento. Mi permetto di aggiungere un argomento al dibattito...”
Dica…
“In Francia, dove il pm dipende dal governo, gli avvocati stanno facendo una battaglia per riportare la figura del magistrato accusatore nell’ordinamento giudiziario, con l’indipendenza garantita ai giudici”
Qui invece?
“La maggioranza dei miei colleghi punta all’obiettivo contrario, sono in disaccordo con loro. E ho una idea differente anche sulla responsabilità civile diretta dei magistrati. Giustamente la Corte costituzionale non ha ammesso questo quesito. Giudici e pm che sbagliano debbono essere sanzionati disciplinarmente dal Csm, ma non chiamati a risarcire direttamente le parti in causa. Si creerebbe troppa tensione e mancherebbe la necessaria serenità nel pronunciare le sentenze”.